IL SALUTO DI DON ITALO CALABRO’ ALLA COMUNITA’ AGAPE

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Ho scelto un brano… a leggerlo così fa impressione… ma è molto bello soprattutto per una frase ultima. E’ il passo in cui Paolo manda a chiamare a Mileto gli anziani della chiesa di Efeso, la chiesa che lui aveva fondato. Gli anziani erano coloro che presiedevano alle varie comunità, sarebbero i presbiteri, cioè i preti, addirittura anche i vescovi, in quello che è stato poi lo sviluppo che lo Spirito Santo ha fatto fare al cammino della chiesa.

Ed è uno dei brani forse più commoventi delle lettere di San paolo, insieme ai grandi passi di riflessione teologica, di esortazione, di impegni di tipo morale. Anche in altri passi traspare il grande cuore di paolo,: un uomo dal cuore grande, che era stato preso da Cristo. Umanamene parlando, era un gigante di intelligenza, di volontà, uno spirito indomito, ma che quando incontra Cristo si gioca tutto. Da quel momento della via di Damasco è tutto nuovo, e si lascia prendere proprio da Cristo. Però con questo, come per ognuno di noi, il Signore non modifica quello che è lo specifico, la personalità di ciascuno. E questa sua personalità, così ricca di intelligenza, di grande cultura, era anche ricca di umanità.

Da Mileto mandò a chiamare quindi ad Efeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero disse loro: “Voi sapete come mi sono comportato con voi fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia, e per tutto questo tempo ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime, tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei. Sapete come non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case, scongiurando Giudei e Graci di convertirsi a Dio e di credere nel signore nostro Gesù. Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni.

Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il mio servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.

Ecco, ora so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunziando il regno di Dio. Per questo dichiaro solennemente oggi a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero, perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue. Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni ad insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi.

Ed ora vi affido al Signore e alla Parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l’eredità con tutti i santificati. Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte e maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore che disse: <<vi è più gioia nel dare che nel ricevere!>>.

Detto questo si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave”.

            E’ un passo molto bello. Tra l’altro c’è questo passaggio qui che solo in Paolo compare. Nel Vangelo questa frase che Poalo attribuisce a Gesù non c’è. Non è che nel Vangelo ci siano scritte tutte le parole che Gesù ha detto: lo afferma san Giovanni con una iperbole, che se si fossero dovute scrivere tutte le parole e i messaggi che il Signore ha dato, il mondo non potrebbe contenere i volumi.

Ecco, San Paolo insiste che si debbono soccorrere i deboli, ricordandoci le parole del Signore Gesù che disse: “vi è più gioia nel dare che nel ricevere”. Questo è un messaggio fortissimo che lo Spirito Santo ha voluto fosse scritto negli Atti degli Apostoli, all’alba della chiesa, per comprendere quale dovesse essere l’atteggiamento di donazione e di amore verso gli altri, e che la vera gioia sta nel donarsi.

Cogliamo questo messaggio, anche di questa paura che entrino i lupi rapaci, che vi dividiate; ma siamo sicuri che sarete sempre uniti e che ancora faremo qualche tratto di strada insieme. Come ho detto all’inizio ancora ho la forza, la mente è lucida, ho fatto la trasfusione; quando mi chiedono: “ma come ti senti?” rispondo: “il sangue degli altri rende un po’ più forti”; con la trasfusione ci si sente più forti e allora ci ritroviamo proprio nella preghiera per chiedere al Signore che ci illumini il cuore perché continuiate su questa strada.

Voi rileggetelo ogni tanto questo brano, con la mia particolare raccomandazione che, anche se non abbiamo sempre dato tanto spazio alla preghiera come momento a sé, credo che abbiamo pregato in tutta la nostra vita. Ogni volta che abbiamo lottato per gli ultimi, ogni volta che ci siamo fatti carico di nuove situazioni, era il Signore che pregava! Abbiamo trovato difficoltà, contrasti, ma sempre abbiamo aperto, abbiamo accolto, abbiamo amato: questa è preghiera! Abbiamo cercato di far passare nella nostra Chiesa, nella realtà civile, questo messaggio, con le nostre forze, assai limitate, ma questa è preghiera!

Sostanzialmente sempre a Lui ci siamo rifatti: per me Lui è stato la ragione d’essere della mia vita, per tanti di voi è stato e lo è in modo esplicito, per altri lo è in modo diverso. Ma il cuore di Dio è più grande del nostro cuore, questo non lo dobbiamo mai dimenticare! Dio è infinitamente grande, Dio è amore infinito; e quelle che a noi sembrano assenze, resistenze, fughe, Lui le legge solo in chiave di amore.

I vostri figli tante volte vi fanno inquietare…a chiunque vi cogliesse in quel momento di nervosismo, sembrerebbe che voi foste stanchi di quel peso, ma se il tuo bambino la sera ha 37 e mezzo di febbre gli altri li dimenticate per lui. Quindi immaginate Dio che è infinitamente più grande del cuore di un padre e di una madre!… Conservate sempre questa fede profonda in Lui e nel suo amore in qualsiasi situazione vi troviate.

Si, è giusto anche pregare perché il Signore ci faccia la grazia della guarigione, è una preghiera che naturalmente è sulle nostre labbra. Quante volte i salmi insistono su questo!… Ma c’è un salmo, il 72, che potremmo anche leggere, perché tante volte si dice: ma perché il Signore alcuni li prova e altri no?

Innanzitutto davanti a Dio nessuno ha niente da pretendere. Guardate come è bello questo salmo… ecco guardate come comincia:Inizio modulo

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Salmo 72 (73) –  salmo di Asaf

Quanto è buono Dio con gli uomini retti,
Dio con i puri di cuore!

Ma io per poco non inciampavo,
quasi vacillavano i miei passi,
perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo il successo dei malvagi.

Fino alla morte infatti non hanno sofferenze
e ben pasciuto è il loro ventre.
Non si trovano mai nell’affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.

Dell’orgoglio si fanno una collana
e indossano come abito la violenza.
I loro occhi sporgono dal grasso,
dal loro cuore escono follie.

Scherniscono e parlano con malizia,
parlano dall’alto con prepotenza.
Aprono la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.

Perciò il loro popolo li segue
e beve la loro acqua in abbondanza.
E dicono: «Dio, come può saperlo?
L’Altissimo, come può conoscerlo?».

Ecco, così sono i malvagi:
sempre al sicuro, ammassano ricchezze.
Invano dunque ho conservato puro il mio cuore,
e ho lavato nell’innocenza le mie mani!

Perché sono colpito tutto il giorno
e fin dal mattino sono castigato?

Se avessi detto: «Parlerò come loro»,
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.

Riflettevo per comprendere questo
ma fu una fatica ai miei occhi,

finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi quale sarà la loro fine.

Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai cadere in rovina.

Sono distrutti in un istante!
Sono finiti, consumati dai terrori!

Come un sogno al risveglio, Signore,
così, quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

Quando era amareggiato il mio cuore
e i miei reni trafitti dal dolore,

io ero insensato e non capivo,
stavo davanti a te come una bestia.

Ma io sono sempre con te:
tu mi hai preso per la mano destra.

Mi guiderai secondo i tuoi disegni
e poi mi accoglierai nella gloria.

Chi avrò per me nel cielo?
Con te non desidero nulla sulla terra.

Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma Dio è roccia del mio cuore,
mia parte per sempre.

Ecco, si perderà chi da te si allontana;
tu distruggi chiunque ti è infedele.

Per me, il mio bene è stare vicino a Dio;
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,

per narrare tutte le tue opere

presso le porte della città di Sion.

            Ora, sapete che la città di Sion, Gerusalemme, nella prima interpretazione letterale, è il luogo sacro per il popolo eletto. Ma è soprattutto la Gerusalemme Celeste: la Chiesa ha sempre questa visione di Gerusalemme come la “città ultima” in cui si raccoglie e si riassume la storia di Dio.

Quando verranno momenti difficili e qualcuno vi dicesse “ma perché” ditegli “leggiamo insieme il salmo 72”, e tutto è chiaro. Altro è meditarle a freddo le cose, altro è meditarle quando sono scritte, parola per parola, versetto per versetto; vedete come coglie prima la ribellione, l’incredulità, il dubbio…le solite frasi: “ma Dio ce l’ha con i buoni e cattivi no”, e poi “ma io sono con te sempre”… Che cosa c’è di più bello!

L’ultima parte è di una commozione profonda, leggetevela, quando ci sarà bisogno, insieme alla “Passione secondo Matteo”. Ecco, questo deve essere a sostenerci per stare uniti, uniti leggendo nella luce di Dio gli avvenimenti.

Questo non significa, però, che uno ha la riserva di garanzia: siamo sempre fragili, abbiamo bisogno di essere sostenuti dalla preghiera di tutti perché facciamo esperienza proprio della povertà, della nudità. Quando San Francesco, prima di morire, voleva essere deposto nudo sulla terra, era proprio perché faceva esperienza di come in quel momento si ritorna all’essenziale: tutti gli orpelli, anche gli uffici di governo ecclesiastico o civile, le situazioni in cui uno è passato, tutto va cadendo e tu sei povero – “Beati i poveri perché di essi è il Regno dei cieli” – perché sei povero di salute, hai bisogno di tutti. Chi fa esperienza di questa purificazione, di questa liberazione e nello stesso tempo è povero anche di forze, ha bisogno della preghiera degli altri… anche dell’affetto!

Sapete quanta carica è per me l’affetto dei miei cari – a Roma mi ha aiutato tanto – però io ho insistito: “…no, io devo morire nella mia terra, tra la mia gente. Voi venite quando potete, perché anche questa vostra presenza mi ha tonificato, mi sostiene, mi sostiene tanto sul piano affettivo, ma quella di cui più si ha bisogno è questa grazia di Dio. Io lo dico a tutti, non mi stanco, e l’ho ridotto a una frase: il Signore mi dia la grazia di fare la sua volontà sino alla fine”.

L’altra sera anche monsignor Sgrò, che è tanto caro, mi diceva: “ma se il Signore ti vuole guarire mica gli dici respinto al mittente”… comunque gli ho risposto: “io non metto in discussione, non faccio questioni”… e lui si è messo a ridere! Siamo nelle sue mani, abbiamo bisogno anche di fare questa esperienza.

Domani c’è questa celebrazione particolare a San Giovanni con il sacramento per il conforto; andrò perché ancora mi sento bene in forze, lucido… ho assistito tanti e tanti ammalati, fino all’inabilità completa, fino alla debolezza estrema. Tanti ne ho assistiti, soprattutto quando ero più giovane, proprio fino all’ultimo respiro e tanti mi sono morti tra le braccia… e vedevo come si ritorna bambini.

Sono felice della presenza della mia famiglia di sangue che non ho mai dimenticato, ma sono felice anche di voi e ringrazio Iddio immensamente per il dono che mi ha fatto. Non mi stanco di dire: “Grazie Signore”.

Quando la notte è sempre più lunga e più a intermittenza cerco di dire delle preghiere brevissime e dico: “Grazie Signore!”.. Grazie di averlo incontrato il Cristo sempre in tutti i sofferenti, in tutti i poveri. Grazie anche per la Chiesa di Reggio, i vescovi, i preti. Ancora non ho avuto la forza di andare a prendere congedo da monsignor Ferro…

Che mistero la vita!… La mia parrocchia di san Giovanni: ho scelto di essere sepolto lì e non essere nella cappella dei sacerdoti a Reggio, ma mi pare che sono stato così poco in vita con loro! Sempre scappando… Curia, Caritas, Piccola Opera, Agape… tutti mi hanno preso, una giostra, suonava il campanello delle persone che si fermavano, sempre a girare…

Che possa lì, almeno da morto, riposare tra loro. Non è che sia poi lontano, un fiore ogni tanto potete portarlo anche lì! Ma l’ho fatto anche per questo gesto di condivisione con coloro che mi hanno voluto bene, e a cui io ho voluto tanto bene…

Mantenete lo spirito sempre in comunione con Dio: queste sono le forti verità della fede, non consolatorie… il Signore non dispensa dal dolore! Quante volte glielo dicevo a san Giovanni; anche loro l’hanno ripreso quando hanno fatto la recita dell’8 dicembre per i 25 anni di parroco. Quella sera ho annunziato che volevo essere sepolto lì, senza avere proprio questa previsione, ma così mi è venuto e l’ho detto.

Una delle cose che loro hanno colto è questa: non è che il Signore ci dispensa dalle sofferenze, dalle malattie, altrimenti faremmo la fila per entrare nella Chiesa di Dio. Dio non ha risparmiato il Figlio Suo!… L’italiano non riesce a tradurre il verbo latino ”Deus non pepercit”… il Figlio Suo; quel “pepercit”: non perdonò a Suo Figlio, perché era necessario questo mistero.

Sull’Avvenire di Calabria, dove don Pippo ha voluto mettere una foto molto bella di me con Giovanni Garritano, Tonino Miceli, Cesare Gori, c’era in penultima pagina un’espressione di Kierkegaard, che non è cattolico ma protestante, che diceva: “Il dolore è il mistero che abbiamo in comune con Dio”. E il Figlio di Dio è passato attraverso il mistero del dolore.

Anch’io conservo un quaderno di appunti, non appunti di diario, diario non ne tengo mai…però ogni tanto mi piaceva, quando c’era una bella frase, o della Scrittura o di altro, di ripassarla su di un quaderno; e tra le cose che ho inserito, tra le cose care, di famiglia – l’album di mia sorella Anna, eccetera – c’è questa: quando è morta la moglie di Pino Curatola, che è morta con un tumore al cervello, al parto del secondo bambino, Vincenzo, Pino fece un ricordo di lei – parecchi voi l’hanno conosciuta – …era così vicina a noi, così cara, veniva a Villa gelsomino – e scrisse: “Dio è fedele alle sue promesse e non alle nostre attese”. Allora ho capito lo spessore spirituale di questo uomo. E’ una persona alla quale vi chiedo di fare riferimento nel vostro camino… Dio è fedele alle sue promesse, Lui ci ha promesso la vita eterna, il suo amore, non ha mai detto: “Siete esentati dalla sofferenza!” anzi dice “chi vuol venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua!”.

Santa Teresa d’Avila, la prima donna ad essere proclamata dottore, teologo della Chiesa, in un suo periodo di profonda crisi spirituale, pur continuando a servire il Signore – con i grandi monasteri, con la riforma dei Carmelitani – era però attraversata da pene tremende dello spirito, che sono terribili come quelle del corpo: si sentiva abbandonata da Dio, non sentiva più Dio. In fondo manteneva la fede, ma non lo sentiva. Quando era nella preghiera diceva: “Signore, io non sopporto questa prova” e il Signore le fece sentire questa risposta: “Così io tratto coloro che amo!”. E Santa Teresa, spagnola, meridionale…”perciò hai così pochi amanti!”. Ma recepiva il messaggio della profondità della sua fede.

Dio è fedele alle sue promesse, Dio è amore, Dio è con noi, tutti i giorni della nostra vita, come fu col Figlio Suo fin sulla Croce. Questo deve darci gioia, perché il Vangelo non finisce con la croce; quando lo leggerete, caro Presidente, guardate di non finire solo con “… e detto questo spirò…”. Il vangelo continua “… il giorno dopo il sabato tre donne salirono…perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. Tutto questo mistero non è fine a se stesso, si passa attraverso questo crogiuolo, ma per la vita!… la Croce, non si deve ignorare, è va obbligata; però la Croce ha uno sbocco che è la luce della Resurrezione!

Ora ci fermiamo su altre riflessioni. Sono contento che abbiate trovato anche la soluzione per la Piccola Opera. Ma vi confesso che se interiormente ora sono Tranquillo, in altri momenti della mia vita ero molto preoccupato per la continuità delle opere, delle esperienze. Mi dicevo: “Ma come si fa?…come faranno, troveranno i soldi, troveranno le rette?”… Violenza della carne è quella! Ma quando ho avuto la consapevolezza, sono stato tranquillo…perché c’è il sacramento dell’amore, l’amore di Dio che comporta preghiera, partecipazione all’Eucaristia se uno vuole attingere in pienezza. E’ qui la fonte da cui discende la Grazie per recuperare, per rinnovare, per avere la forza di andare avanti.

Questa sera è venuto Ettore Caruso a portarmi il suo bambino…e in lui ho visto tante e tante storie…Senza di voi io non avrei fatto niente, ma non mi pento di avervi coinvolti in questa avventura perché io sono stato coinvolto da Lui, dal Signore. Credo che questo abbia dato una bella dimensione alla vostra vita, un bel respiro!

Un’ultima cosa vi chiedo, che vi aggreghiate di più agli altri gruppi ecclesiali nati nella Chiesa e che facciate sempre tesoro delle altre esperienze che fioriscono dentro la Chiesa, ma anche di quelle che fioriscono fuori dalla Chiesa – esse fioriscono sempre nella luce di Dio, in quel mistero di amore di Dio – senza nessuna prevenzione, senza nessuna ubriacatura, mitizzazione, questo è ovvio, ma nemmeno senza quelle chiusure grette: questi credono, questi non credono… ma sono di buona volontà: abbiate fiducia negli uomini.

Se mi doveste chiedere, guardando indietro nella mia vita abbastanza lunga,: “Cosa avete trovato, più persone oneste o disoneste?”… Le ho trovate quasi tutte oneste, quasi tutte di buona volontà! Così ho trovato questa disponibilità, fino all’ultima sera, quando siamo andati con Nuccio a quella conferenza e ho detto: “Pensa, Nuccio, forse è l’ultima conferenza che faccio… e mi hai accompagnato tu!”. Anche lì quella sorpresa dichiarazione di persone apparentemente lontane dalla fede, nella presentazione del messaggio e nella comprensione degli uomini che hanno provocato delle risposte che mi porto dentro.

Voglio proprio insistere su questo: siate uniti nella Chiesa, perché qui è pienezza di luce, pienezza di grazia, pienezza di forza, pienezza di gioia. Ma sappiate che Dio è amore ed è presente anche fuori di coloro che espressamente professano il suo nome, partecipano alla liturgia, vivono dei sacramenti: è presente nei fratelli “separati”, nei fratelli protestanti, musulmani, ebrei, di tutte le religioni, in gente che non crede e forse nel cuore si porta la povertà più grande: quella di essere senza Dio. Ma Dio ha le sue vie! San paolo dice: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi. Non sta a noi giudicare”…perché perderci dietro questo, sono certezze che il Signore ci annuncia. E poi non dimenticate monsignor Nervo, monsignor Pasini, Maria Teresa Tavassi, il MO.V.I., l’Azione Cattolica, i gruppi ecclesiali della nostra diocesi…non trascurate di essere uniti col vescovo che il Signore manderà a Reggio, può darsi che ci sia anch’io per quando arriverà… non è che proprio stasera piglio il biglietto, vado alla stazione Centrale e dico “destinazione vita eterna!”. Sono qui! Può darsi che ci sia…tutto sommato non dovrei…ma se caso mai…

La mamma di don Farias sono andata a trovarla: 104 anni! Sono andato prima di Pasqua a darle gli auguri e la trovai abbastanza lucida, disperata che “il papa va sempre girando da una parte all’altra e poi succedono i guai”. .. Ad un certo punto le ho detto: “ma grazie a Dio, li portate bene gli anni, signora!. “Si”, risponde, “ma sapete com’è, si vede che mi dovevano chiamare, si attaccarono due fogli, gli angeli girarono, nessuno è tornato indietro e io sono rimasta qui. Loro credono che io sia in Paradiso, vanno facendo l’appello la mattina; loro pensano che io sia lì ed io sono quaggiù”.

Siate in comunione piena anche col vescovo che il Signore darà alla sua Chiesa, alla Chiesa di Reggio, chiunque egli sia!

Se potete, state vicini a monsignor Ferro, anche per continuare quello che avrei voluto fare io per lui e anche a monsignor Sorrentino che ci ha voluti bene! Quasi tute le opere, eccetto la Piccola Opera, quella della Caritas, le altre iniziative… le abbiamo aperte in questi 12 anni del suo episcopato. E lui ha avuto fiducia in noi.

E’ giusto che voi dopo dimostriate…anzi più di adesso…nell’andare a trovarlo ogni tanto, di ricordargli questa gratitudine, perché è giusto che coloro che sono stati i padri della Chiesa non siano dimenticati.

Signori e signore… o più giustamente…fratelli e sorelle, la preghiera è finita, andate in pace!

Don Italo Calabrò

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