La storia dell’associazione

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Il Centro Comunitario Agape ha iniziato il suo impegno di solidarietà e di giustizia nel territorio reggino alla fine degli anni sessanta, in un contesto socio-economico che produceva in varie forme disagio ed esclusione dei più deboli.

È stata una lunga e difficile storia di condivisione accanto ai più diseredati: famiglie emarginate, infanzia abbandonata, disabili psichici, ammalati mentali.

Immerso in una realtà di sottosviluppo e di disgregazione sociale, in un ambiente che rende drammatiche le condizioni di vita di larghe fasce della popolazione, il Centro Comunitario Agape nasce come risposta innovativa alle provocazioni del territorio, per condividere dall’interno la povertà e l’emarginazione, per sperimentare un modello di vita alternativo al consumismo, all’individualismo, alla delega sociale.

Nel 1968 don Italo Calabrò, accompagnato da un gruppo di giovani, decide di avviare un’esperienza innovativa di servizio in favore di minori in difficoltà e provenienti da contesti familiari criminali e mafiosi.

Riconosciuta Ente Morale il 26.4.1983, associazione di volontariato, ha per statuto la finalità prioritaria di privilegiare l’impegno verso i minori, il loro diritto a crescere in una famiglia.

Nella sua azione ha cercato di dare risposte diversificate ai minori e alle famiglie in difficoltà attraverso la promozione di comunità-famiglia, di gruppi appartamento, di case accoglienza e di sostegno per le ragazze madri, di centri di aggregazione sociale e di sostegno domiciliare.

Strutture e progetti realizzati in proprio o di concerto con la Caritas Diocesana e con le cooperative sociali collegate all’Agape.

Grazie a questo lavoro si è riuscita a creare a Reggio una rete di sostegno che riesce in molte situazioni a dare opportunità e risposte mirate in termini di accoglienza, di lavoro, di affiancamento. Un’attività che ha avuto in don Italo Calabrò il punto di riferimento, una figura di animatore instancabile e di testimone credibile che, da vero profeta, non si limitava a elencare i diritti dei poveri ma li gridava con la sua vita.

Con lui l’Agape ha aperto diversi fronti di servizio e di lotta all’emarginazione, nelle realtà più emarginate e degradate del territorio reggino, con un’attenzione particolare ai minori visti come l’anello più debole e più esposto ai fenomeni di disgregazione sociale e alle carenze dei servizi.

Storie di bambini abusati in varie forme il gruppo ne ha incontrati a centinaia in questi trenta anni, una vera e propria galleria di volti di bambini e di ragazzi segnati da storie di abbandono e di violenza. Non a caso il primo incontro traumatico del gruppo, all’inizio degli anni 70, è stato con alcuni minori che erano nati e che vivevano nell’ospedale psichiatrico di Reggio Calabria, un vero e proprio lager che ospitava 700 ricoverati.

Erano figli di ragazze-madri provenienti dai paesi interni, mentalmente deboli, che furono internate in quello che a quel tempo era il grande contenitore dei disagi che non trovavano altre risposte.

La prima comunità di accoglienza fondata dall’Agape è nata proprio per loro, per strapparli al manicomio o per evitare ad altri lo stesso destino. Poi ancora altri incontri nel brefotrofio, nel carcere minorile, nei grandi istituti assistenziali dove l’abbandono si toccava con mano.

Così nacquero le prime esperienze di comunità, come passaggio dall’istituto a realtà più piccole a carattere familiare: nel 1973 nasce il casa-famiglia a Melito P.S. gestita dalla coop. Centro Giovanile Italo Calabrò, la prima nel Sud, alla quale ne seguirono altre negli anni successivi

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