Cari Amici,
a dire il vero mi sono chiesto più volte a che titolo avrei partecipato a questo incontro, anche perché non ho tutte le carte in regola: non sono stato obiettore di coscienza, non ho sostenuto nella mia giovinezza il servizio civile, anche se durante l’ultima guerra ho passato qualche guaio per non essermi presentato al Distretto Militare come d’obbligo, per coincidenza con lo sbarco degli alleati nella mia Reggio, con conseguente fuga e generale sbandamento di militari e civili.
Ma le istanze vostre di obiettori di coscienza non erano certo presenti nel mio spirito pur essendo allora studente di teologia!
Con gli anni, però, ho scoperto e approfondito il valore dell’obiezione di coscienza – ho messo senno, cioè! – e mi è capitata anzi la fortuna di fare un po’ da padrino alla convenzione della Caritas con il Ministero della Difesa. Non ne ho la paternità: come spesso succede la paternità è incerta. Nel caso è da attribuire, pari merito, a Don Giovanni Nervo e a Don Giuseppe Pasini.
Comunque, al momento del battesimo sono stato sollecitato a rendermi garante davanti al celebrante, un po’ incerto circa la buona riuscita del rito, ed ho garantito sulla validità dell’istanza cristiana che è a monte, almeno per molti, della scelta di obiezione di coscienza.
Mi sono fatto forte della conoscenza diretta con ottimi giovani che avevano fatto tale opzione, in linea con la loro testimonianza di vita impegnata a difesa e promozione degli emarginati.
E’ nata così la Convenzione della Caritas con il Ministero della Difesa una delle più forti, più profetiche iniziative portata avanti della Caritas in questi suoi primi anni di vita.
Ho accettato di venire per confrontare con voi le motivazioni del servizio civile o, se volete meglio, dell’obiezione di coscienza. Pensavo anche che se Don Milani fosse stato vivo sarebbe stato certamente qui e nessuno avrebbe potuto parlare con l’autorità di lui, che pagò un prezzo così alto per avere difeso cli obiettori di coscienza.
Credo che tutti abbiate letto e meditato il suo libro “L’obbedienza non più una virtù”, nato proprio in quegli anni di sua sofferta testimonianza.
Invitato, Don Milani, avrebbe detto che noi non abbiamo nulla da giustificare o da dimostrare, caso mai, Vangelo alle mani, sono gli altri che devono trovare le motivazioni e più ancora le giustificazioni perché tengono su un esercito, perché programmano o fanno guerre e si arricchiscono trafficando armi.
Si scambiano quindi, le parti ed è vero!
A rifletterci bene dovrebbe, essere la società (italiana o internazionale) a cercare di salvare la faccia dandoci la giustificazione sulla guerra, sulle armi, sugli eserciti, sotto tutti i punti di vista, da quello cristiano a quello filosofico-umanitario, a quello economico.
E invece capita ancora oggi che a doversi difendere, a giustificare le proprie scelte debbano essere proprio gli obiettori di coscienze, quelli cioè che, tutto sommato, sono i soli ad avere la fedina penale pulita in queste realtà sociale. E’ chiaro che noi non siamo qui per preparare un documento di difesa, ma per riflettere insieme sull’obiezione di coscienza.
E questa considerazione balza avanti per prima.
Nessuno chiede o sollecita una giustificazione delle guerre o della corsa agli armamenti. Tale realtà è entrata tranquilla nella coscienza dei cittadini, è passate come la norma, mentre voi obiettori di coscienza, sareste degli “anormali”.
E allora dovremmo anche noi andare a trovare nella sana filosofia, nel Vangelo del Signore tutti i passi utili per difendere la nostra scelta.
Dovremmo, come Don Milani al tribunale di Roma che lo giudicava, stilare un documento per sostenere la nobiltà dell’o. di c. e l’inutilità di un esercito e l’ingiustizia di una guerra.
Tra l’altro, voi sapete da cosa è nato il processo a Don Milani, quale ne stato il doloroso inizio.
Sono stati dei cappellani militari in congedo, altri preti cioè, che hanno sporto denuncia contro di lui perché egli aveva risposto ad un loro pronunciato nel quale tacciavano di viltà gli obiettori di coscienza.
Don Milani si sentì in dovere di scrivere un articolo in cui li chiamava incoscienti, bollava quel loro pronunciamento come anti umano, anti cristiano e quindi anche anti sacerdotale. In seguito, venne per Don Milani anche la denuncia per sobillazione, per istigazione alla disobbedienza allo Stato, per vilipendio delle Forze Armate. Venne il processo nel corso del quale Don Milani si autodifese così bene da meritarsi, l’assoluzione in secondo grado, credo, dopo una prima infelice sentenza.
Mi pare che in questa difesa di Don Milani, riassunta nel libro “l’obbedienza non è più una virtù” siano espressi tutti i motivi, i più validi, i più forti, di cui gran parte può essere condivisa da tutti gli uomini onesti, alcuni di essi saranno pienamente accolti soprattutto dai credenti in Cristo.
Non ritengo di doverli tutti illustrare, mentre suggerisco la lettura attenta del messaggio di Don Milani, così vivo e attuale.
Prima però di presentarvi pochi spunti di riflessione, vorrei soffermarmi su alcuni dati esperienziali.
Perché viene scelta dai giovani l’obiezione di coscienza?
Ho qui tre tipi di domande inviate al Ministero della Difesa.
Uno chiede: “non solo mi dichiaro in linea di principio e per imprescindibili motivi di coscienza, contrario all’uso delle armi in ogni circostanza, ma ancora più al loro uso organizzato, istituzionalizzato, collettivo e legale, in qualsiasi conflitto civile ed internazionale e con qualsiasi occasione o pretesto che si chiami impero o repubblica, difesa o conquista. La violenza delle istituzioni mi appare più grave di quella delle persone, che pure condanno, quella degli eserciti, di tutte la più inaccettabile, perché estrema ed irreparabile nella sua destinazione, antidemocratica ed incivile più di ogni altra per la sua struttura. Dichiaro inoltre che la mia concezione generale della vita, che i miei convincimenti religiosi o filosofici o morali, qualsiasi sia il loro grado di profondità e quali che essi siano, non riguardano né Ministri, né Commissari, né Istituzioni di sorta.
Sono io l’unico responsabile e giudice della possibilità e dell’opportunità di esprimerli come di scegliere gli interlocutori che voglio, per i miei dialoghi umani.
Lo Stato per la sua stessa ideologia e per la sua stessa costituzione può solamente vagliare e giudicare i miei comportamenti eventualmente delittuosi: mai i miei pensieri, la mia coscienza, contro la mia volontà.
Ed è se mai a chi è disposto ad imparare ad uccidere e ad essere ucciso a chi pretende di insegnarglielo, che dovrebbe essere chiesto quali mai siano i suoi convincimenti morali, religiosi, filosofici.
Comunque non a noi, anche perché non lo consentiamo…”
Mi sembra sia lo schema di domanda proprio della LOC.
Un altro invece: “…dichiaro di essere contrario non solo all’uso personale delle armi. Il rifiuto di ogni violenza nasce in me soprattutto dalla fede in Gesù Cristo e mi spinge a perdonare sempre e a scoprire che l’amore è la forza più prepotente e rivoluzionaria e l’unica difesa efficace contro l’odio degli altri. Il servizio militare non è servizio a nessuno, tanto meno alla pace mondiale. Così anche le mie convinzioni politiche e militari, mi inducono a ritenere la difesa nazionale contraria al popolo perché educa al nazionalismo, è al suo interno antidemocratico, è oggi come non mai priva di senso. Per difendere i miei figli non sopprimerei mal quelli degli altri e mai pagherei la mia libertà con l’omicidio negandola così totalmente ad un mio simile. Tanto meno qualcuno può obbligarmi ad uccidere ed aiutare in qualche modo una ideologia contraria ai miei principi religiosi, filosofici e politici…”
E un terzo che si rifà anche a queste istanze di fede cristiana continua:
“noi abbiamo già troppe guerre da combattere: la fame, la scarsità di lavoro, il capitalismo, il perbenismo, il dolore. A mio parere questi sono i conflitti che meritano le più spietate battaglie perché dalle ingiustizie e dalla sofferenza nascono l’odio e l’oppressione. Sono profondamente convinto che la presunzione e la malvagità nascano dal cuore dell’uomo e l’egoismo è la schiavitù più tenace. Perciò credo che la vita condivisa in tutto con gli altri è il servizio più valido alla verità che ci rende liberi, liberi di credere in una storia nuova, non più ritmata da lotte fratricide, sostenute tanto dalle armi quanto dalla arrendevolezza dei buoni al destino dell’umanità, in tal modo davvero immutabile. Combattiamo continuamente per vivere: e perché accettiamo di vivere continuamente nella paura di dover combattere gli uni contro gli altri?”
Ecco mi pare che in questi brani citati ritornano le motivazioni che voi avete espresso nella vostre istanze.
Di diversa matrice, se volete, una laica, l’altra cristiana. Mi è capitato tra le mani un libro di Mazzolari “Tempo di credere”.
Ho ripreso questo concetto, lo meditavo nel periodo dell’Avvento e mi è sembrato così attuale, così vivo per la situazione che stiamo vivendo, in Italia, come Chiesa. Commenta il passo della Liturgia: “Ora la nostra salvezza è più vicina di prima.”
“Più che voci, quelle raccolte sono dei sospiri – dice Mazzolari – chi non si china materialmente sulla realtà e non sta in ascolto col fiato sospeso non si accorge che proprio ciò che ci spaventa, i suoi stessi accessi parossistici formano il documento dell’inconsistenza del nostro mondo e della sua attesa. E man mano che ascolti, qualche cosa di più vivo e di più festoso, ti viene incontro. Adesso viene il mattino, già biancheggia il cielo ad oriente”.
Ecco, mi pare che dovremmo guardare così; con questa ottica, a questa crescita, a questa maturazione di istanze dentro la società italiana, in particolare tra i giovani, si chiamino radicali o anarchici, marxisti o cristiani. E voi oggi siete o dei segni più consolanti del momento storico che stiamo vivendo.
Venendo qui pensavo di incontrare 20/30 giovani: siete oltre sessanta e per quello che ho potuto ascoltare delle vostre presentazioni, rappresentate una varietà di presenze, un moltiplicarsi di servizi, tutte risposte nuove che voi date ai bisogni nuovi dell’uomo, quasi tutti come cristiani credo, dato l’ambito in cui vi siete ritrovati: la Caritas.
Ma anche altri possono dare queste risposte, possono ritrovarsi con voi nella costruzione di un mondo migliore, anche se esplicitamente non si riconoscono nell’ispirazione cristiana. Chiunque è autentico operatore di pace è figlio di Dio, lo dichiari o lo neghi, è una realtà che il Vangelo annuncia e nella quale noi crediamo.
Certo è da riflettere anche sulle scelte fatte, per chiarire bene a noi stessi le motivazioni del nostro vivere.
Vorrei, ora, sintetizzare alcune motivazioni che ritengo prioritarie.
Prima di tutto, la riaffermazione del primato della coscienza.
In una domanda di un obiettore ispirate alle LOC leggo: “Io non ammetto che lo Stato, che il Ministero, che l’ufficiale di picchetto legga dentro la mia coscienza e voglia indagare quali sono i miei profondi convincimenti religiosi, filosofici, politici”…
Viene così riproposto, in termini forse in po’ drammatici, il primato della coscienza.
È un postulato umano e cristiano insieme. Il valore più alto è quello che viene espresso nel riconoscere alla coscienza certa rettamente formata, un primato superiore alle leggi.
San Tommaso d’Aquino nella sua Summa Theologia sviluppa magistralmente questo postulato e ne trae anche la conseguenza che è lecito resistere al tiranno fino alla sua eliminazione, se gli altri mezzi espediti falliscono, appunto perché il primato della libertà di ciascuno e della collettività è superiore a quello delle leggi ingiuste anche se sancite a grande maggioranza.
E’ ovvio che parliamo di primato di coscienza retta, criticamente formata alla luce della parola di Dio per noi credenti e, per tutti, alla luce della retta ragione, delle leggi giuste delle coscienza universale degli uomini.
Siamo ben lontani da ogni discorso che possa rifarsi al verso dantesco “libito fè licito in sua legge”.
Altro valore che emerge dall’obiezione di coscienza è quello del valore sacro della vita umana: la vita del bambino che è nel seno materno, la vita del vecchio che si trascina a stento gravato dagli anni e dalle malattie, la vita dell’ammalato di mente, del subnormale.
La vita di tutti e di ciascuno!
Ora se c’è una cosa che è direttamente contro la vita è la guerra!
Una statistica impressionante dell’evoluzione crescente del pericolo di vita per i civili (certamente anche quella dei militari è sacra!)
Sta a dimostrare che di guerra in guerra è sempre più alto il numero delle vittime (forse più dei civili che dei militari), oggi, soprattutto per le apocalittiche stragi che possono provocare le bombe all’idrogeno o all’uranio, con potenza di morte sempre più moltiplicata, in una folle corsa agli armamenti delle grandi potenze, in particolare.
Che la vita umana è sacra concordano tutti (filosofie, ideologie politiche‚ credi religiosi): nessuno ha il coraggio di negarlo in teoria.
Ma in pratica è così?
Anche come Chiesa dovremmo avere il coraggio di fare un po’ di autocritica.
Nella questione dell’aborto abbiamo preso posizioni – giusta, doverosa! – a difesa della vita, fin dall’atto del concepimento.
Ma forse non c’è stata uguale attenzione alla difesa della vita nelle sue fasi di sviluppo di fronte alla guerra, alla fame, alla malattia!
Mi è piaciuta l’espressione dell’obiettore il quale nella istanza al Ministero della Difesa dice che egli si oppone alla guerra nella sua espressione tradizionale (la guerra armata…) ma che vi sono altre guerre da combattere, sia pure non per via violenta, contro la fame, le malattie, le oppressioni che creano tante vittime, di più di quante non ne causino le armi tradizionali.
Si apre, così, per voi e attraverso la vostra obiezione al servizio militare, il discorso della non violenza, che è riflessione sulle cause dell’oppressione e dell’emarginazione, deve tradursi in mobilitazione di coscienze, per una azione coraggiosa, costante di difese della vita di tutti gli uomini, specie dei più deboli, dei più indifesi, contro ogni ingiustizia, ogni alienazione. “Per la promozione di ogni uomo, di tutto l’uomo “grida Paolo VI° nella Populorum Progressio, impegnando la Chiesa e l’umanità su questo sacro impegno promozionale.
È il messaggio anche di Luther King, di Gandhi.
Mi pare che così operando gli obiettori di coscienza rispondano anche al dettame della Costituzione: “la difesa della Patria è sacro dovere di ogni cittadino”.
Difesa della Patria, cioè della Comunità nazionale di cui io faccio parte, contro chi?
Nemico della Patria, delle nostre famiglie non è solo chi marcia contro le nostre frontiere: tra l’altro, nell’epoca della guerra atomica c’è poco da marciare in armi. Tutt’al più si dovrebbe tentare di neutralizzare il super-reattore che sta per scaricarsi addosso la bomba all’idrogeno, o il missile dalla super potenza distruttiva.
Sono miei nemici, nemici delle nostre famiglie la disoccupazione, la sperequazione sociale ed economica, le strutture ingiuste ed alienanti, le multinazionali, le oppressioni politiche ed ideologiche.
L’obiezione di coscienza vuole essere condanna di tali situazioni e metodi ingiusti, impegno ad una azione che, rifuggendo da ogni forma di violenza, opera per ribaltare il corso della storia.
E’ un’utopia? Per ogni uomo di buona volontà, per ogni credente è un’utopia da perseguire ad ogni costo, pagando di persona, ovviamente, e coinvolgendo, con la testimonianza del proprio impegno di vita, un numero sempre più alto di fratelli nell’unica “campagna” che valga la pena combattere a difesa globale della vita!
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Ed ora vorrei accennare al valore di servizio, proprio della vostra scelta di obiettori!
La proposta di “servizio civile” che voi portate avanti mi appassiona.
Quanto è stupenda, è profetica questa proposta.
In una società egoistica, che anche nelle sue migliori espressioni, il servizio inteso come dedizione di vita lo realizza in un raggio molto ristretto, tutt’al più nell’ambito familiare o della propria organizzazione sociale o religiosa, che carica esplosiva di impegno di condizione di vita, di lotta non violenta per la difesa e la promozione dell’uomo, è compresa nella vostra scelta di servizio.
Una scelta, varia nelle espressioni, ma sostanzialmente unitaria: di amore, quello autentico che è sostanziato di giustizia!
In una società che rilega il vecchio nell’ospizio, che rinchiude il sub normale in un istituto, che emergine chi non è ricco, non è forte, non è bello; voi portate avanti, non solo a livello teorico, me con una cultura incarnata nella realtà, la contestazione più nobile, più valida, la più convincente.
Perché -vedete- si può controdedurre ad ogni argomentazione filosofico-religiosa, con cavilli più o meno bizantineggianti o con motivi più o meno validi, ma dinanzi alla testimonianza della vita, ad una scelta che comporta sacrifici concreti, ad un servizio che si traduce in azione promozionale v’è poco da obiettare.
Portate avanti, quindi, questo valore del servizio civile, approfonditelo. Da questo vostro incontro presso la Caritas scaturisca una formulazione ancora più chiara dei valori cui voi vi ispirate. Chiarite a voi stessi, agli altri cosa è il “servizio” nella globalità del suo significato, nella varietà delle vostre motivazioni.
Per mettere insieme queste motivazioni possiamo chiamare un bravo sociologo, che ci farà un trattato sulle varie istanze filosofiche che sono a monte della vostra scelta. Chiamiamo un teologo: ci presenterà tutte le aspirazioni cristiane da Isaia e Giovanni. Me a testimoniare 200 sarà poi né il sociologo, né il teologo: siete voi!
Se io vi propongo una meditazione su “Gesù Cristo Principe della pace” voi come tutti i giovani, avete diritto di chiedermi: ma tu che fai per la pace? Come vivi la tua vita? sei in pace con gli altri? Operi per la pace?
Voi con la vostra scelta di servizio civile, nonostante i limiti e i condizionamenti di tutte le risposte umane, potete offrire la risposta concreta agli interrogativi più inquieti della nostra società.
Confrontate, quindi, le vostre motivazioni, nel rispetto sincero del pluralismo ideologico, ma poi concordate la vostra azione, mettetevi insieme, con tanta speranza, per costruire un mondo migliore.
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Don Milani dopo avere esposto i motivi che io ho tentato di richiamare, diceva “Ora dovrei parlarvi da prete!”. È più facile anche per me dire quali sono i valori religiosi della vostra scelta. Sono tali e tanti che dovremmo tutti concludere per l’obiezione di coscienza, ad essere coerenti con la Parola di Dio.
Ogni anno, durante l’Avvento, per prepararci al Natale, noi rileggiamo Isaia. A me Isaia sembra un anarchico, il più puro, un utopista, quando pone sulle labbra del Messia questa espressione: “Cambierò le lance in vomeri, il lupo e l’agnello abiteranno insieme”.
Quando ciò si è avverato? Quando si avvererà? La storia dell’umanità, e, purtroppo, anche tanta parte della storia della Chiesa in alcuni secoli, è negazione di questi valori.
Ma qui è la carica di speranza del messaggio di Dio, la provocazione all’impegno per realizzare il regno di Colui che è “Principe della pace, l’Emmanuele!”
Lance che si cambiano in vomeri. Alla violenza opporre la non violenza, alla guerra l’impegno sociale!
Lancia: tutto ciò che uccide, ferisce; vomero: l’impegno promozionale, ad ogni livello, a difesa di ogni uomo, di tutto l’uomo!
Tutto il Vangelo è un messaggio di pace, di non violenza, di disarmo totale (riponi, Pietro, la tua spada nel fodero anche dinanzi all’aggressione!) di condanna di ogni ingiustizia, di ogni offesa all’uomo, di difesa dei piccoli, dei deboli, degli erranti!
Rileggiamo brevemente Giovanni (13,34,35; 14,12,27; 15, 12, 14)
È il testamento di Cristo che ci impegna ad un servizio di amore, che deve tendere, perché sia autentico, sul suo esempio, a saper sacrificare la nostra vita per gli altri.
Non c’è messaggio più alto di questo in tutto il patrimonio culturale, filosofico, politico, religioso, dell’umanità.
Gandhi si esaltava dinanzi alla forza di amore del messaggio evangelico, solo lamentava che tanti cristiani ne erano he peggiore traduzione!
Ed in parte è vero! Credo anzi, che alcune pagine del grande profeta indiano come di Luther King sulla non violenza potremmo leggerle a commento delle parabole di Cristo, se non nel corso delle liturgie, almeno in qualche para-liturgia, e ne trarremmo sicuro beneficio spirituale!
Purtroppo, anche la Chiesa, come dicevo, ha ceduto talvolta nella sua storia alla tentazione della violenza, della difesa violenta, se volete concedere l’attenuante, ha patrocinato, sia pure in secoli lontani e in un altro contesto culturale, le guerre sante, ha pregato per la vittoria sui “nemici” della fede (la festa della Madonna del Rosario di ottobre, per esempio, dovremmo avere il coraggio di rivederla e…forse contestar la nella sua motivazione storica!!) ha fatto uso improprio o fatto ricorso “al braccio secolare”, per punire i ribelli! Ha cantato spesso Te Deum per le vittorie conseguite dopo tanto spargimento di sangue.
Sono pagine tristi, ormai definitamente -da tempo – superate, ma che non possiamo negare.
Ci si era dimenticati che Cristo non aveva scelto la via della forza per trionfare, ma quella della sconfitta della Croce.
“E nella sua morte ha distrutto l’impero della morte……Regnò da un legno di croce”
Ha scelto la strada della morte per assicurare la vita per tutti”.
Tutto questo è stato molte volte, nel passato, dimenticato, non sempre, né da tutti, oggi, questo messaggio è concretamente vissuto.
Un’autocritica sincera facciamola pure, sbarazziamo il terreno da tutte queste difficoltà, su cui spesso ci si accanisce fino ad arenare ogni discorso nuovo.
E invece il nuovo c’è nella vita della Chiesa!
In un diverso contesto culturale, il soffio dello Spirito si è fatto più potente: c’è una nuova maturazione di coscienza nella Chiesa circa la pace, la non violenza che anche i non credenti riconoscono, a cui molti, pur senza professare un credo religioso, si riferiscono come ad un sicuro punto di orientamento per tutta l’umanità.
Hanno preparato questi giorni Pio XII°, il quale, al di là di ogni ingiusta, superficiale critica di parte, è stato con i Suoi Messaggi, la Sua opera di mediazione, i suoi interventi di carità l’uomo della pace, mentre il mondo per un decennio circa era devastato dall’ immane tragedia della guerra;
Papa Giovanni, che ci ha regalato poco prima di morire, quasi a suggellare una vita spesa per la pace, la lettera Enciclica “Pacem in terris”, testamento e messaggio insieme, riassunta nel grido profetico “saggezza, giustizia ed umanità domandano che venga condannata la guerra, venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente quelli esistenti, si mettano al bando le armi nucleari”
Poi è venuto il Concilio Vaticano II°, anni di rinnovata primavera per la Chiesa, dei cui frutti noi incominciamo a godere.
Il concilio nella “Gaudium et Spes” parla della guerra e ne parla in termini nuovi, presenta la natura della pace, che non è semplice assenza di guerre, né può ridursi a rendere stabile l’equilibrio delle forme contrastanti, né la pace può essere effetto di dispotiche dominazioni, ma essa è opera della giustizia e frutto dell’ordine impresso all’umana società del suo Fondatore (chiaro che bisogna chiarirsi il concetto di ordine; non l’ordine costituito sic et simpliciter, che molte volte è disordine consacrato. Attenti agli equivoci!!)
E’ il bene comune -insiste ancora il Concilio- che postula la pace, con espressioni nuove nel progresso dei tempi.
Perché sia stabile e duratura la pace deve essere tutelato il bene integrale delle persone, ecc. (capitolo V).
Son due capitoli molto forti della Gaudium et Spes, che forse non tutti conosciamo.
Essi sono stati molto contestati, soprattutto sulla necessità di condannare ogni guerra: ci si accordò su un’espressione un po’ annacquata” anche con dovere di mitigare l’ immanità della guerra”!
Non venne l’attesa condanna tagliente, dura di ogni guerra, pare perché alcuni Vescovi riuscirono a frenare l’entusiasmo di gran parte dei Padri, con riferimenti a situazioni contiggenti di guerre di difesa.
Ma, alla fine (nuneri 1607 -1610) arriva la condanna assoluta della guerra, della corsa agli armamenti, delle situazioni di ingiustizia e di oppressione, all’interno delle Comunità e a livello internazionale, che preparano e fomentano le guerre.
Passano come vedete attraverso un travaglio, spesso doloroso, le luci che vengono dall’alto filtrano a stento, talvolta, attraverso forti resistenze culturali, ma in definitiva il cammino della Chiesa, come quello dell’umanità, è ascensionale.
Circa l’obiezione di coscienza il Concilio giunge solo a questa dichiarazione “allo Stato viene ricordato di non infierire, non tormentare, non disturbare quelli che in coscienza per le loro convinzioni religiose, filosofiche e morali fanno la scelta del servizio civile”.
Alcuni francesi scrissero a Mons. Ancel un Vescovo Francese di avanguardia, che si fece portatore di tale istanza in Concilio, che accoglievano con sofferenza l’invito dei Padri alle autorità civili “altro che non infierire- scrivevano i cattolici di Francia – voi dovete presentare il servizio civile come un valore, come un dovere”.
Ed infine, il Convegno di Roma su Evangelizzazione e Promozione Umana dell’autunno del 76.
I tempi erano ormai più maturi anche nella Chiesa: Paolo VI° da anni consacrava il I° gennaio come giornata della Pace, con temi sempre più suggestivi sulla giustizia, la fraternità, il rispetto della vita, l’impegno per la non violenza.
La VI Commissione del Convegno – riflettendo sul problema dell’emarginazione, affrontava anche il tema del servizio civile, decideva di fare propria la proposta della promozione del servizio civile sostitutivo di quello militare nella comunità italiana, come scelta esemplare e preferenziale dei cristiani”.
Che passi da gigante da quel “raccomandiamo che non si infierisca” del Concilio alla proposta del Convegno del 76 “il servizio civile sia la scelta esemplare e preferenziale dei cristiani”.
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Tra le forme profetiche con cui Cristo e testimoniato è, dunque, cari amici la scelta “esemplare e preferenziale del servizio civile”, sarei tentato di dire una scelta che scaturisce da coscienze che la fede rende ancora più attente alle istanze che maturano sul quadrante della storia.
Della vostra opzione profetica siete sempre più consapevoli, sentitevi particolarmente impegnati a portare avanti nelle realtà italiana, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, e nelle Comunità Ecclesiale il discorso di pace, di non violenza, di liberazione da ogni oppressione, di povertà e di giustizia, di cui siete-quali obiettori di coscienza-emblematicamente testimoni.
(Sac. Italo Calabrò)