Metodologia di lavoro e strumenti operativi del
volontariato
Limiti della presente relazione: non si tratta di una lezione (non ne avrei titolo né specifica preparazione) ma presentazione di una modesta esperienza, nata or sono circa 15 anni, di un gruppo di volontari impegnati nella lotta all’emarginazione, esperienza che si è andata arricchendo nel tempo di motivazioni e di varietà di presenze nel sociale. Offrirò, quindi, fraternamente alcune indicazioni, a mio avviso emergenti dal vissuto.
L’esperienza
- 8 dicembre 1968 a San Giovanni di Sambatello, piccola frazione collinare del Comune di Reggio Cal., nasce la Piccola Opera Papa Giovanni per handicappati psichici. Mons. Ferro, allora Arcivescovo della nostra città, mi aveva sollecitato a prendere a cure il problema di alcuni ragazzi subnormali dimessi dall’Istituto che li aveva accolti fino a quell’età e destinati, perché soli o rifiutati dalla famiglia, ad essere internati nell’Ospedale Psichiatrico. Un bisogno nuovo emergente, senza risposta.
- Smarrimento, comprensibili difficoltà. Presentazione della drammatica situazione ad alcune classi di un Istituto Industriale di Reggio: risposta generosa.
- Nasce il Gruppo: naturale selezione di un leader laico.
Prime espressioni di vita comunitaria: sincera accettazione reciproca, convergenza su alcuni valori fondamentali: dignità dell’uomo, di ogni uomo; attenzione agli ultimi; difesa dell’emarginato; impegno per la sua liberazione dal bisogno e da ogni condizionamento, lotta per la sua piena promozione. Discorso politico sulla vita, sulla società neo-capitalista, sul materialismo, sul consumismo. Unità di intenti, pluralismo di matrici ideologiche.
- Di fronte alla carenza di strutture pubbliche e private, passaggio, per noi naturale, dalla riflessione all’azione.
L’inizio dell’opera con otto handicappati.
Spregiudicata audacia e fede in Dio e nell’uomo per lanciarsi, senza alcun mezzo materiale, in un lavoro per il quale nessuno aveva specifica preparazione, ma era prioritaria l’esigenza di evitare la segregazione di quei ragazzi in manicomio. - Segue fase di assestamento, di specializzazione di volontari, degli operatori socio-sanitari.
Gli educatori si sono tutti diplomati presso la Scuola di Servizio Sociale, hanno seguito corsi di specializzazione a Messina, partecipano costantemente a corsi o convegni di aggiornamento in Italia e all’Estero. Li guida un’equipe medico-psico-pedagogica, con psichiatra, psicologo, medico generico, assistente sociale, logopedista. - L’Opera si trasferisce in sede più idonea, Gallico, si articola in due sezioni (Gallico e Prunella di Melito), due Case-famiglia che rispondono alla logica della lotta alle istituzioni massificanti; nascono due Cooperative: una agricola e zootecnica ed una di lavoro (Bar – Pizzeria): retribuzione uguale per quel che si può dare, non per quello che si dà!
- I minori vengono inseriti nella scuola, nel mondo del lavoro: risultati quasi tutti positivi.
- Si avverte l’esigenza di coinvolgere nell’esperienza le Comunità e gli Enti operanti sul territorio (Comuni, Parrocchie, Gruppi giovanili, singole persone) nonché le famiglie degli handicappati, ma con modesti risultati. CAMMINANDO SI APRE II CAMMINO
- Dentro il Gruppo, l’esperienza di vita tra noi e con gli ultimi genera fraternità sempre più autentica, esigenza di comunione di beni. Diamo vita al Centro Comunitario AGAPE, libera associazione di volontariato.
- Dentro la comunità ecclesiale e civile va maturando attenzione all’esperienza, si moltiplicano le richieste di incontri, di confronti. L’AGAPE si rende promotrice di dibattiti pubblici su situazioni di emarginazione (legge 180, tossicodipendenti, minori della 387 ecc.); partecipa ad iniziative sociali degli Enti locali, di organismi sindacali, di forze politiche, con la propria identità ma aperta alla collaborazione con il pubblico e con ogni uomo che onestamente si impegna nella lotta all’ emarginazione.
- L’inserimento nel lavoro della Caritas a noi congeniale per le finalità promozionali del servizio agli ultimi.
- La mappa dell’emarginazione nella sua drammatica realtà e nel doloroso interscambio di settori:
⁃ minori caratteriali, disadattati, devianti;
⁃ handicappati fisici, psichici, dimessi dall’O.P.;
⁃ ragazze madri;
⁃ tossico-dipendenti, alcoolisti;
⁃ anziani soli, abbandonati, barboni;
⁃ detenuti, ex detenuti, loro famiglie. - I poveri, i senza voce ci interpellano; urgenza di fare dare risposta da parte dell’Ente pubblico, dovere che non può essere deluso di tentare di offrire una risposta da parte del privato (singoli, gruppi, movimenti).
- Nascono, così, altri gruppi di volontari. Si dà vita a due Case-famiglia per ragazze madri, ad una Casa per donne dimesse dall’O.P., ad una Casa per uomini soli o respinti dalla famiglia; ad ospitalità di drogati. Naturalmente i bisogni restano nella loro monoscopica entità e non possono dirsi esauriti per quanto realizzato, ma noi abbiamo inteso porre delle provocazioni, soprattutto al pubblico; dimostrare che è possibile, è doveroso agire.
ALCUNE INDICAZIONI
- Pur riconoscendo quanto di positivo è stato possibile realizzare, non ci dichiariamo soddisfatti, intendendo sottoporre costantemente a serena visione critico il lavoro che si va svolgendo. Un gruppo di volontari nasce se vi sono persone di buona volontà che vogliono dare alla loro vita un taglio diverso, di gratuità, di impegno, di servizio, di condivisione, di libertà dai miti del potere, del denaro, se c’è gente che vuole essere piuttosto che avere. La sistemazione giuridica è secondaria e conseguenziale. Gli spazi sono quelli offerti dalle leggi vigenti e quelli che ogni gruppo sa crearsi.
- È necessario aprirsi a tutte le sollecitazioni che possono venire dalle altre esperienze in Italia o all’Estero; essere preparati e costantemente aggiornati per dare una risposta sempre più competente; promuovere con ogni possibile tentativo il coinvolgimento degli emarginati e delle loro famiglie perché siano protagonisti della loro librazione, o di tutte le forze culturali operanti nel territorio;
- stimolare, provocare l’Ente pubblico a farsi carico delle proprie delle responsabilità senza deflettere dall’impegno nonostante la sordità, la passività, l’indolenza di cui tanto volte le pubbliche amministrazioni sono affette;
- non abbandonarsi ai facili entusiasmi, ma soprattutto non cedere a deleterie tentazioni di scoraggiamento di fronte agli insuccessi ed alle inevitabili difficoltà, sempre risorgenti, forti delle motivazioni che la solidarietà per l’uomo e, per chi crede, la fede in Dio, continuamente in noi suscitano e rinnovano, accogliendo il suggestivo invito paolino di essere sempre protesi in avanti insieme ai fratelli più emarginati, per assicurare loro un domani più libero e più degno.
Sac. Italo Calabrò